DTIT0410

20 Speciale Italian EditionAnno III n. 1 - Aprile 2010 Approccio psicologico nel trattamento terapeutico del paziente disabile Clelia Mazza*, Nicola Satta**, Vittoria Castiello***, Antonio Annunziata**** *Igienista dentale, Coordinatrice tirocinio - CLID - Seconda Università degli Studi di Napoli ** Igienista dentale, Tutor tirocinio - CLID - Università degli Studi di Cagliari *** Igienista dentale, Libero professionista ****Odontoiatra, Ricercatore - Seconda Università degli Studi di Napoli Lo studio dell’approccio psico- logico dell’igienista dentale al paziente disabile nasce da una profonda convinzione: lavorare con un soggetto disabile offre sicuramente una grande occa- sione di consapevolezza, perché significa avvicinare a livello subliminale le proprie recondite paure, guardare in faccia la pro- pria parte più debole, fragile e indifesa, per riconoscerla, inte- grarla e guidarla. Aiutare il prossimo è una splendidaopportunitàdidialogo con se stessi, di crescita a livello umano e professionale: aiutare il paziente consente all’igienista dentale di aiutare se stesso nel momento in cui si dedica all’al- tro! Gli altri siamo noi, ciò che accade a un altro essere umano non può lasciarci indifferenti, la nostra sensibilità non può risve- gliarsi solo quando il destino si accanisce contro di noi. Ogni relazione d’aiuto rappresenta un momento di trasformazione, di crescita e di arricchimento personale, una grande occasione per riempire di senso la nostra continua e affannosa ricerca esistenziale! Il paziente non col- laborante, se non inquadrato in una prospettiva preventodontica sin dai primi anni di vita, rap- presenta spesso una sfida di dif- ficile risoluzione per l’igienista dentale e tutto il team odontoia- trico, ancor di più se la dinamica è legata a uno stato di disabili- tà, la cui complessità a livello sistemico porta alla richiesta di prestazioni orali solo quando le patologie stomatognatiche sono oramai consolidate e a uno sta- dio patologico avanzato. Purtroppo, ancora oggi, il ricorso alla sedazione in sala operatoria e a interventi che perdono la loro matrice conser- vativa è la soluzione più diffusa. Una valida alternativa si osserva nell’utilizzo di specifi- che tecniche d’approccio psico- logico, tecniche individuali che stimolano la collaborazione del paziente, consentendo al clini- co di intervenire minimizzan- do il trauma e garantendo il conseguimento di un successo terapeutico di tipo preventivo e conservativo. La conoscenza e l’utilizzo del- le tecniche del “dire - mostra- re - fare” (tell - show - do), del “modeling”, del “timing” e altre, permettono all’igienista dentale di eseguire visite e tera- pie su pazienti che fino a qualche decennio fa erano considerate intrattabili, rendendo atrau- matica l’esperienza della prima visita, consentendo al paziente disabile il rafforzamento del proprio livello di autostima e contribuendo a una più adegua- taintegrazionesociale.L’approc- cio psicologico nel trattamento terapeutico del paziente disabile svolge dunque un ruolo cardi- ne nel determinare gli effetti del piano di cura da attivare. È doveroso affermare un con- cetto basilare: la prima reale forma di terapia si ottiene attra- verso la comprensione e la reale comunicazione con il paziente, evitando l’assunzione di sterili e rigidi atteggiamenti di “presun- ta onnipotenza professionale”. L’oggettività del quadro clini- co è inevitabilmente intercon- nessa con il vissuto soggettivo del paziente e solo dall’attenta osservazione e valutazione di quest’amalgamapuòscaturirela nostra concreta possibilità d’in- tervento. L’individuazione delle cause sottese al disagio provato dal paziente, prima o durante la/e sedute d’igiene, rappresen- ta il primo nodo da sciogliere; la comprensione facilita la collabo- razione. L’azione dell’operatore è certamente più efficace se forte e consapevole attenzione è rivol- ta ai fattori che caratterizzano gli aspetti psicologici della rela- zione. L’igienista dentale, nella sua “pratica psicologica” quo- tidiana, deve essere costante- mente attento alla qualità della relazione e capace di percepire la portata emotiva del vissuto del paziente, a maggior ragione in presenza di complesse pro- blematiche e relative difficoltà connesse alla disabilità(1,4,6) . Attualmente, è evidente come la pregnanza della comunica- zione efficace in ambito odon- toiatrico prenda portanza tanto rilevante quanto la conoscenza e l’adozione delle più moderne tecniche e metodologie d’inter- vento. In tal senso, per incidere significativamente sulla qualità della prestazione, è necessaria un’adeguata preparazione psi- cologica da parte dell’igieni- sta dentale, giacché operatore sanitario a stretto contatto con i pazienti. Tale preparazione può e deve aprire nuove possibilità nell’ambito della qualità del- la comunicazione, influendo in modo determinante sul cambia- mento dello stato emotivo, sul livello motivazionale e quindi sul comportamento del paziente, ancor più se si tratta di disabile. Non è questa un’impostazio- ne utopistica, non è necessario diventare psicologi o banalmen- te apprendere tecniche superfi- ciali, occorre invece accrescere costantemente le competenze in questo settore, interrogarsi sulla propria motivazione ed efficacia, mettersi in discussione per saper meglio gestire le risorse e ridur- re stress e tensioni, ottimizzando tempi e risultati. Lo stereotipato modello del mega studio medico e relativo staff più o meno ano- nimo o magari super moderno, ma fin troppo asettico, andrebbe umanamente rivisto. Gli operatori devono mettere il paziente sempre in condizio- ne di potersi sentire soggetto protagonista, parte attiva nella costruzione del processo tera- peutico. Per l’igienista dentale il proprio ruolo non va inteso come erogazione di un servizio meramente tecnico-strumen- tale, piuttosto la conoscenza di elementi base della psicologia generale, dinamica e clinica è la chiave per dare significato e valore alla relazione umana con l’altro(3,8) . Uno degli elementi che tanto influenza la relazione igienista- paziente,speciedurantelaprima visita,èl’ansia,dimensionespes- so patologica (vedi la frequenza di problemi di odontofobia), che a volte addirittura impedi- sce la possibilità d’intervento. Potremmo definire l’ansia come uno stato di preoccupazio- ne e incertezza, di paura diffusa senza la canalizzazione in un oggetto definito. Conoscere e saper gestire l’an- sia del paziente disabile e non, è un’insostituibile abilità da acquisire nel corso della lunga formazione psicologica come operatori sanitari. Per i portato- ri di disabilità, ancor più che per gli altri, la valenza della riso- nanza relazionale è molto for- te, poiché già troppo spesso essi vivono sul piano psicologico un profondo e ansiogeno senso di emarginazionesociale.Ulteriore aggravante alla difficoltà d’in- terazione con una società trop- po spesso insensibile, è l’effetto boomerang che porta a volte gli stessi familiari del disabile, in manieradeltuttoinconsapevole, a creare una cortina ammortiz- zante, assumendo atteggiamen- ti iperprotettivi che in parte ostacolano la comunicazione, la reale integrazione e ricerca d’au- tonomia da parte del soggetto. Per l’igienista dentale, la complessità del rapporto con il disabile e con chi funge da interfaccia, richiede più che mai cautela, profonda sensibili- tà e professionalità, per stabilire una sorta di umana condivisio- ne, una reale empatia. Ognuno di noi è capace di empatia, ma l’obiettivo per l’igienista sarà alimentarla, renderla un’acqui- sizione integrante del proprio stile relazionale, funzionale alla formulazione di un “patto tera- peutico”, vera e propria alleanza tra operatore e paziente (riguar- do alla scelta della tipologia d’intervento, le caratteristiche, i tempi, le modalità eventuali d’interruzione ecc.)(2,5) . La procedura odontoiatrica d’approccio al paziente disabile consta di varie sedute, durante le quali saranno presenti igieni- sti dentali, disabili e familiari o chi, in ogni caso, aiuta quotidia- namente il soggetto. È importante che il paziente, già dal primo incontro, ritro- vandosi in una situazione nuo- va e, in quanto tale, ansiogena, possa nel contatto con il nuovo ambiente e nella conoscenza con l’igienista, gradatamente sen- tirsi a proprio agio, instauran- do una relazione di conoscenza, accettazione e un po’ alla volta di fiducia e stima (Foto 1). Il momento fondante per la prevenzione,ancorprimadell’at- tivazione delle varie e specifiche sequenze d’intervento, diventa quindi la formazione alla comu- nicazione, perché il dialogo tra igienista, disabile, familiari e/o responsabili, è l’elemento primo, il cardine per raggiun- gere una condivisione d’inten- ti. Fondamentale sarà riuscire a comunicare per motivare e creare disponibilità reciproca, instaurando un dialogo efficace. Nel dialogo il linguaggio dovrà essere chiaro, semplice, idoneo all’età del paziente, al suo livello culturale e al tipo di disabilità da cui è affetto(8) (Foto 2). L’approccio psicologico perso- nalizzato, parte integrante dello stile lavorativo e comunicativo dell’igienista dentale, consen- tirà di instaurare l’appropriato procedimento terapeutico, per- mettendo la gestione dell’ansia, l’adesione e la facilitazione al piano di cura, la costanza nell’as- sunzione di sane abitudini da adottare nelle pratiche d’igiene orale e, fondamentalmente, il benessere del paziente(7) . È importante porre l’accen- to su come la relazione d’aiuto metta in gioco prima le perso- ne e poi i ruoli che nel “setting” queste ricoprono, in un continuo feed-back. Chi “fa motivazione” deve essere necessariamente un attento conoscitore di se stesso e un esperto nelle tecniche di comunicazione verbale, paraver- baleenonverbale.Comesostiene P. Watzlawick nel suo meravi- glioso libro Pragmatica della comunicazione umana: “L’esse- re umano non può non comu- nicare, può invece non essere cosciente di quanto comunica”(9) . In base alla circolarità del- la comunicazione, igienista e paziente si osservano vicende- volmente e rispondono spesso inconsciamente ai segnali non verbali che reciprocamente si mandano. In tale ottica, il paziente va osservato e ascoltato attenta- mente in tutte le sue sfumatu- re comportamentali, al fine di poter individuare e applicare le strategie di educazione e per- suasione più adatte; ricordiamo, però, che è sempre di primaria importanza, per la riuscita del lavoro, l’autopercezione di se stessi e delle proprie problema- tiche in quanto persone e poi operatori. La bibliografia è disponibile presso l’Editore. Foto 2 - Il bambino partecipa alla visita. Foto 1 - Approccio al paziente disabile.

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