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22 Speciale Italian EditionAnno III n. 1 - Aprile 2010 HT pagina 21 Questacitazionenellasuasem- plicità racchiude tutta la mera- viglia di un gesto tanto semplice quanto naturale, un cenno che può assumere innumerevoli significati sempre forieri di sen- timenti positivi. L’importanza del ripristino di un bel sorriso è un importante aspetto riabilita- tivo che tocca soprattutto la sfe- ra psichica, spesso sottovalutata nella sua reale importanza. Un sorriso sano, oltre al piacevole aspetto estetico, influisce sulla percezione che si ha di se stessi, giocando anche un ruolo signifi- cativo nelle relazioni interperso- nali. Spesso capita di incontrare persone che per la loro bocca decisamente poco sana e poco estetica non sorridono mai o, quando lo fanno, portano una mano sulle labbra per impe- dire all’interlocutore di poter “guardare”. Spesso diventa così un gesto meccanico e abituale che manifesta disagio e poca autostima. Tutto questo porta poi a non avere buone relazio- ni con il mondo esterno. “Avere un bel sorriso […] è un’esigen- za dell’estetica” (Corriere della Sera, “Un sorriso di disagio”). I denti, analogamente alla loro funzione, rappresentano in modo simbolico il desiderio di possedere, di triturare, di distruggere. Sono anche investi- ti di vari significati: aggressivi- tà, potenza, salute e bellezza. La perdita dei denti, specie quando avviene con la tenaglia del den- tista, è assimilabile a una muti- lazione. Perdere i denti significa compiti di natura psicologica e sociale che caratterizzano l’indi- viduo in questa fase, tanto che alcuni autori negano la possi- bilità di caratterizzare in modo unico questo periodo, afferman- do invece l’esistenza di diverse adolescenze(1) , ossia di diversi percorsi evolutivi determinati dal genere, da variabili cultura- li e sociali, da fattori psicologici, cognitivi ed emotivi(2) . Al di là di queste differenze, l’adole- scenza è principalmente vista come il periodo della conquista dell’autonomia, dell’indipenden- za personale, concomitante con lo sviluppo dell’identità e con la consapevolezza di sé. Inoltre, l’individuo diviene parte attiva rispetto alle scelte che riguar- dano se stesso e, di conseguenza, sente di avere il controllo della propria vita(3) . Sappiamo infatti che la dipendenza è elevata nel- la prima infanzia e tende poi a diminuire con l’età adulta(4) . Spesso gli adolescenti vengono definitianche“soggettideboli”(5) , e ci si chiede: perché? Quando un soggetto non viene riconosciuto come persona e non viene aiuta- to e supportato nel suo processo di crescita a livello relazionale si scopre debole perché privo di quelle energie che lo rendono capace di saper fronteggiare gli altri, il mondo e quindi le diffi- coltà e le scelte che questi gli sot- topongono. Tale debolezza porta l’adolescente a sentirsi diverso, diversità che poi spinge a chiu- dersi in se stessi e a “deviare”(6) . Fermarsi a definire con termini quali “ragazzi devianti, ragazzi a rischio” tutti questi soggetti che manifestano la loro debolez- za tramite comportamenti non classificabili secondo le normali regole, significa azzardare una classificazione che già orienta l’intervento educativo verso di loro in forma di controllo sociale e, quindi, di intervento repres- sivo, e non invece in forma di ascolto, di dialogo, di supporto alla crescita(7) . Disadattamento e devianza Il disadattamento nasce come espressione e comunicazione della mancata realizzazione di una “attiva e creativa relazione dell’uomo con i suoi simili, con se stesso, con la natura”(8) . “Disadattata”, perciò, viene considerata una persona poten- zialmente normale e priva di danni organici provocati da determinanti psicologiche irre- versibili, ma che per una mol- teplicità di condizioni, incontra difficoltà nei processi di adatta- mento all’ambiente familiare, sociale, scolastico(9) . Il disadatta- mento dunque, è una condizione in cui può incorrere chiunque e non è una prerogativa delle classi più umili. Oggi questo disadattamento sta portando spesso a un malessere esisten- ziale. Nel caso degli adolescenti, il disadattamento si manifesta principalmente a scuola e rap- presenta proprio la difficoltà da parte dell’alunno di realizzare una positiva interazione con la realtà scuola per l’intervento di condizioni sfavorevoli(10) . La devianza invece, è un grido di allarme, è un disperato bisogno di essere riconosciuto e di dimo- strare di esistere; è un altro dei modi, delle potenzialità e delle possibilità di comunicazione del disagio degli esseri umani. HT pagina 23 sentirsi impoveriti di energia vitale, di forza aggressiva, di gioventù, di difese. Avere un bel sorriso, infatti, sia pure con l’aiuto di una protesi, è un’esi- genza dell’estetica. Un’estetica che non è soltanto un lusso, ma fa parte della propria immagi- ne, quella del corpo, che ha una profonda influenza sul “senso di sé”, su quel narcisismo che certamente è una normale sor- gente di benessere psicofisico. Oltre al significato simbolico, i denti sono spesso protagonisti dei nostri sogni e, nella tradizio- ne popolare, assumono un valo- re determinante nei fatti della vita. Si sogna spesso che i den- ti dolgano, che cadano o che ci vengano strappati. Secondo l’in- terpretazione popolare, questi sogni sono la premonizione della morte di un parente, secondo la psicoanalisi esprimono il timore o il desiderio (inconscio) dello stesso avvenimento. Vista, inve- ce, come separazione di una par- te del corpo, la caduta dei denti in sogno simboleggia per l’uomo il timore di perdere la propria virilità, la paura di castrazione (Freud); per la donna, il timore del parto o la paura dell’aborto (Jung). Più in generale, sia per l’uomo che per la donna, perdita d’energia vitale oppure senti- mento di colpa. Meno drammatica, ma pur sempre fonte di turbamento, è la reazione che può manife- starsi in coloro che rimangono delusi o perplessi di fronte al risultato estetico e funzionale della protesi. Può persino acca- dere che anche quando uno vede che il proprio aspetto è miglio- rato, senta la protesi, almeno all’inizio, come un’intrusione alla propria integrità psicofi- sica. Guardarsi allo specchio e vedere un nuovo sorriso, un nuovo profilo, un viso più pieno e disteso, può provocare, para- dossalmente, un sentimento più o meno forte di disagio: innan- zitutto perché anche un cambia- mento in meglio può richiedere un certo tempo di adattamento interiore, poi perché sussiste un interrogativo su come questo mutamento d’aspetto verrà visto e giudicato dagli altri “un cor- po estraneo”. Di psicologia gli odontoiatri hanno cominciato a occuparsi in modo sistematico solo negli ultimi anni. Per Bruno Condi, dell’Univer- sità di New York, la perdita dei denti finisce inevitabilmente con il ricorso a una protesi par- ziale o totale che è sentita come un corpo estraneo all’interno della bocca. L’applicazione dei denti sostitutivi non avviene mai senza provocare nel pazien- te reazioni emotive d’un certo rilievo, che un odontoiatra, con una visione integrale della sua professione, non può certo igno- rare. Spesso il paziente pensa che con l’inserimento della pro- tesi potrà vedere risolti, come per incanto, tutti i suoi proble- mi. Invece può averne di nuovi, specie se la protesi è mobile: non solo per gli inconvenienti tec- nici (formazione di piaghette da decubito, dolori, instabilità protesica e difficoltà di mastica- zione), ma anche per un nuovo modo di rapportarsi con la pro- pria bocca, con sé e con l’am- biente esterno. Si possono avere disagi anche nella sfera sessuale per chi cerca di nascondere al proprio partner la menomazione della protesi mobile o fissa. Molti di questi problemi sono stati eliminati in modo defi- nitivo con l’avvento dell’im- plantologia osteointegrata, che permette d’inserire i denti sosti- tutivi direttamente e in modo permanente nell’osso mandibo- lare e mascellare. Per il professor Giulio Pre- ti, del Dipartimento di protesi odontoiatrica all’Università di Torino, momenti di maggiore soddisfazione si raggiungono dopo aver adottato l’osteinte- grazione dentale; si apprezza la trasformazione dei pazienti da handicappati a persone con una nuova qualità della vita. L’altro importante gruppo di pazienti che possiamo aiutare con que- sto sistema è costituito da coloro che hanno seri motivi, psicologi- ci e pratici, di rifiutare la protesi mobile. Il dentista, oltre a fare un buon lavoro sul piano tecni- co, deve essere un buon conosci- tore delle conseguenze emotive del proprio operato. È importan- te che il suo supporto psicologi- co verso il paziente cominci fin dalla prima visita, fornendogli informazioni ben precise e pro- segua nelle sedute successive con spiegazioni e consigli sui problemi che dovrà affrontare. L’odontoiatra è coinvolto più di quanto creda in questo proble- ma. Volente o nolente, finisce con l’occuparsi anche della per- sonalità del paziente. Giovani a rischio di devianza e salute del cavo orale Per i giovani a rischio, la salu- te, in genere, è proprio l’ultimo dei pensieri. Gli adolescenti con problemi di identità non rispet- tano il loro corpo e in partico- lare il cavo orale. Molti di loro fumano sigarette e spinelli, bevono alcol, fanno diete ipoca- loriche, mettendo a dura prova il cavo orale. Il primo incontro con il dentista coincide con un epi- sodio doloroso, dovuto magari a una carie o a gengive infiam- mate. Purtroppo bisognereb- be approfittare dell’evento per aiutarli a eliminare il dolore e ad avere cura della bocca. Indi- spensabile la collaborazione di un educatore per facilitare il compito al dentista, impegnato a curare i denti e non l’autosti- ma della “persona ammalata”. Sarebbe indispensabile inte- grare le politiche sociali a quel- le sanitarie creando proprio dei collegamenti fra queste due realtà, in modo da fare preven- zione in tutti gli ambienti di vita del soggetto. Si dovrebbero inserire gli educatori in tutte le strutture pubbliche e private per integrare l’educazione con le pratiche di buona salute. Sarebbe bello aggiungere negli studi dentistici, medici e nelle strutture ospedaliere, edu- catori e pedagogisti in grado di dare delle buone pratiche edu- cative, ma forse l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento di queste pratiche all’avanguardia. Gli ambiti importanti di pre- venzione,incuifareprevenzione, sono tutti i luoghi in cui i sog- getti giovani trascorrono il loro tempo. Bisognerebbe fare for- mazione alle famiglie, in modo che le stesse possano farla in casa, bisognerebbe fare preven- zione nelle scuole e incentivare con progetti educativi qualificati la prevenzione nelle fasce scola- stiche a rischio. La prevenzione andrebbe fatta negli oratori, nel- le palestre, negli studi medici, dal dentista, al supermercato, in discoteca. Oltre agli ambienti formali sopra citati la maggio- re prevenzione andrebbe fatta per strada. Sembra strana come scelta, ma volenterosi educatori esercitanolaloroprofessionepro- prio nei punti frequentati mag- giormente da ragazzi per fare prevenzione nei loro ambienti. Odontoiatri fanno “diagnosi e terapie”, igienisti dentali, strut- ture pubbliche e studi privati fanno “prevenzione”. Importanza del ruolo interdi- sciplinare con l’educatore pro- fessionale Nell’ottica di una prestazione preventodontica odontoiatrica diventa necessario per alcune utenze speciali di disagio usu- fruire della professionalità di un educatore professionale. Ci sono Paesi confinanti che sono all’avanguardia nell’ambito del- le politiche educative e sociali (Francia e Australia si avval- gono di queste professionalità in molti ambiti). La presenza dell’educatore professionale è indispensabile, in quanto solo l’occhio pedagogico riesce a vedere oltre la patologia e, come fatto già in passato da Maria Montessori, rendere più educa- tiva la Medicina, per renderla sempre più umanizzata. Adolescenza e devianza L’adolescenza viene generi- camente descritta come quel- la fase dello sviluppo umano collocata fra l’infanzia e l’età adulta. Mentre è genericamente accettato che l’adolescenza abbia inizio con i cambiamenti pube- rali che, intorno ai 10-12 anni, portano l’individuo ad essere maturo e capace di procreare, è difficile trovare un accordo sulla conclusione di questo periodo di sviluppo. Tale dissenso è prin- cipalmente dovuto all’esisten- za di molte concettualizzazioni dell’adolescenza che si differen- ziano per l’enfasi posta sui cam- biamenti, sugli obiettivi e sui

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