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3 Anno VI n. 4 - Aprile 2010Italian Edition Politica Sanitaria DT pagina 1 L’importante è stabilire un rappor- to di fiducia in modo che il malato sappia che l’informazione forni- ta è vera, le promesse siano reali. I medici hanno il dovere di dire anche quello che non sanno, non dare l’impressione che sia tutto certo al cento per cento perché non èvero.Nellascienzac’èsempreuna parte che si sa e una che non si sa. Che cosa chiedete voi alle associazioni? Noi chiediamo loro di dirci le loro esigenze e bisogni. Nessuno più di un malato sa cosa desidera e cosa contribuisce a migliorare la qualità di vita. Noi dobbiamo sapere tutto questo per meglio adattare le nostre terapie. Le “big pharma” seguono sem- pre e solo la legge del profit? Molte cose sono cambiate, e vera- mente in alcune industrie c’è stata una importante inversione di tendenza. È ovvio il profitto è sempre importante, la ricerca e i farmaci non si fanno senza soldi: i nostri azionisti lo sanno e non vogliono essere in perdita. Tut- tavia, oggi questo rapporto è più bilanciato, nel senso che i nostri investitori sanno che per alcune malattie, le cosiddette “neglette”, non ci può essere profitto anche perché le malattie maggiormen- te devastanti, causa di centinaia di morti all’anno, provengono da paesi estremamente poveri. Dun- que lo sanno e lo accettano. Possiamo parlare di una nuo- va etica? Io credo proprio di sì, anche per- ché la globalizzazione ha portato con sé due fenomeni. Il primo, i viaggi: le malattie viaggiano con noi e viaggiano molto velocemen- te. Quindi, una infezione nata in un Paese lontano (pensiamo alla SARS, nata in Cina) si è rapi- damente diffusa nel mondo. La seconda considerazione è che tut- to è visibile in tempo reale. Il ter- remoto ad Haiti, lo Tsumani nel Sud-Est asiatico entrano nelle nostre case e nessuno può rima- nere insensibile, nemmeno chi vuole solo profitto. I nostri azio- nisti sanno che per malattie come la TBC, la Febbre di Deng, la Malaria, i farmaci devono esse- re venduti a un prezzo irrisorio: lo sanno, ma oggi non si tirano indietro. Certo sono pochissime le industrie che hanno questa politica, ma prima non c’era nul- la, domani questa consapevolezza sarà maggiore. Qual è il vostro rapporto con le grandi charity? Esistono in America dei Comita- ti di Investitori etici. Sono delle Organizzazioni i cui appartenen- ti valutano l’etica delle industrie farmaceutiche che investono capi- tali nella ricerca di farmaci per malattie – come dicevo prima – neglette. È proprio l’eticità di queste ricerche a favorire la col- laborazione di grandi Fondazio- ni come la Bill e Mlinda Gates o la Welcome Foundation, che par- tecipano a queste ricerche. Faccio un esempio: a Singapore abbiamo un grande centro di ricerca per la TBC, la Febbre di Deng e la Malaria. In particolare, per la Tubercolosi stiamo facendo delle grandi ricerche per affrontare il drammatico problema delle resi- stenze, così già ora, con 15 anni di anticipo, stiamo lavorando per trovare nuovi antimalarici, visto che quelli di ultimissima generazione a base di artemisina inducono resistenza anche se in modestissima misura. Purtroppo nonparliamodimedicina povera, ma di milioni di poveri al mondo. Emanuela Medi Diritto alla salute: una nuova alleanza con il paziente protagonista

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