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Dental Tribune Italian Edition, Dicembre 2010, Anno VI n. 12

26 Italian EditionAnno VI n. 12 - Dicembre 2010 L’Intervista Dottor Rinaldi, quali sono gli aspetti di maggior rilievo che derivano dall’adozione delle tecniche di chirurgia guidata? Al di là del fatto che la chirurgia guidata offre certamente nuo- ve possibilità dal punto di vista terapeutico, credo sia necessa- rio sottolineare che l’elemento fondamentale che ne deriva è la precisa conoscenza dell’anato- mia del paziente. Spesso, l’im- portanza di questo elemento non è sufficientemente evidenziata; eppure è essenziale! Dobbiamo sempre ricordare che la chirurgia implantare implica l’esecuzione di un foro nell’osso del paziente e questa operazione deve essere fatta senza creare danni a nervi o ai vasi sanguigni e posizionando l’impianto in modo adeguato. Di conseguenza, la conoscenza tri- dimensionale dell’anatomia che si ottiene grazie a un’indagine radiologica con TC Cone Beam e con un software che consenta la gestione di queste immagini, dà la certezza – anche da un punto di vista medico legale – di avere la comprensione dell’anatomia del paziente. Questo costituisce il punto di partenza da cui poi sono possibilituttiitipidiscenari:sulla base della padronanza dell’anato- mia del paziente, possiamo valu- tare la possibilità di applicare le tecniche di chirurgia guidata per posizionare gli impianti in modo minimamente invasivo, quindi senza lembo, oppure ricorrere con una tecnica più tradizionale con scollamento del lembo. Lo studio tridimensionale dell’anatomia – e di conseguenza del singolo caso clinico – è un momento essenziale della fase di pianificazione e deve essere eseguito sempre, senza nes- suna esclusione. Oltre agli ovvi vantaggi clini- ci che derivano dalla cono- scenza dell’anatomia, quali sono gli aspetti importanti per il paziente? L’analisi tridimensionale rappre- senta un importante vantaggio anche per il paziente in termini diqualitàdeltrattamento.Infatti, se l’implantologo ha padronanza delle strutture anatomiche del paziente, può operare nel modo piùadeguatoemiratoproprioper quella specifica anatomia. Questo è sicuramente l’aspetto principa- le. Infatti, anche se è vero che il fatto che la chirurgia guidata che permette di eseguire trattamenti minimamente invasivi possa rap- presentare un vantaggio per il paziente, si tratta pur sempre di un vantaggio limitato al breve periodo post-operatorio che risul- ta più confortevole rispetto alle tecniche tradizionali. Per cui è certamente un vantaggio, ma non così determinante quanto quello che deriva dal fatto che il pazien- te riceva un impianto che risul- ta posizionato nel miglior modo possibile per la sua anatomia. Se poi, oltre a offrire un ottimo trat- tamento, lo si riesce a fare anche in modo minimamente invasivo, questo non può che costituire un valore aggiunto per il paziente. Recentemente, anche i media e la stampa rivolta al pubblico si sono occupati delle nuove tecniche di chirurgia guidata. Secondo la sua esperienza, il paziente conosce queste nuove tecniche e le richiede spontaneamente? Mentre per quanto riguarda l’implantologia in generale la conoscenza da parte dei pazienti è aumentata, non si può dire lo stesso per le tecniche di chirurgia guidata. Però, dato che la nostra cultura è ormai improntata verso le nuove tecnologie, ci rendiamo conto che nel momento in cui pre- sentiamo il piano di trattamento e spieghiamo che ci avvarremo di software e tecnologie digitali, il paziente si sente più sicuro e sicu- ramente apprezza questo aspetto di modernità. Intravede nuovi sviluppi nell’ambito della chirurgia guidata? Sarà sicuramente una tecnolo- gia in ulteriore sviluppo, proprio perché è tipico dell’informatica avere questo trend. Assisteremo sicuramente a ulteriori miglio- ramenti nelle macchine diagno- stiche, ovvero nelle tomografie computerizzate, che diventeran- no sempre più mirate e precise. L’ottimizzazione degli esami di base renderà più semplice l’in- terpretazione dei dati anatomici. Dal punto di vista dello strumen- tario chirurgico, è lecito pensare che tutte le aziende di impianti si adegueranno alle nuove tenden- ze, offrendo kit chirurgici specifi- ci per chirurgia implantare. La prevenzione dell’errore chirurgico Il punto di partenza, ovviamente, è sempre la diagno- si. Per questa fase fondamentale, oggi si hanno a dispo- sizione attrezzature e software dedicati che consentono di ottimizzare la valutazione del caso clinico nella piena conoscenza dell’anatomia del paziente. È questo quanto è emerso in occasione del IV Con- vegno Nazionale Chirurgia Implantare Computer Assi- stita, organizzato da Materialise Dental lo scorso 16 ottobre presso il Dipartimento di Odontostomatologia dell’Università degli Studi di Firenze. Un’intensa giornata dedicata a quegli aspetti clinici e metodologici della chirurgia guidata che consentono di prevenire l’errore chirurgico, ai fini di un risultato pre- dicibile e di soddisfazione sia del clinico che del pazien- te. Presentando il Convegno, Paolo Tonelli, Professore Associato di Chirurgia Speciale Odontostomatologica dell’Università degli Studi di Firenze, ha illustrato i due obiettivi principali della giornata: da una parte, approfondireleopportunitàdiagnosticheeclinichelega- te al protocollo di chirurgia guidata di Materialise Den- tal; dall’altra, fornire consigli pratici su come gestire al meglio i fattori critici per il successo del trattamento: il protocollo tecnico di costruzione di un indice radiologi- co, il protocollo TC, la pianificazione del caso chirurgi- co mediante software, il protocollo chirurgico di carico immediato e la realizzazione di una protesi provvisoria immediata. I due momenti formativi più intensi sono stati quelli del dottor Marco Rinaldi di Bologna, sulle opportunità cliniche della chirurgia computer assisti- ta e della dottoressa Giovanna Perrotti, Responsabile del reparto di ortodonzia pre-chirurgica dell’Istituto di ricerca Galeazzi di Milano, sull’innovativo protocollo diagnostico interdisciplinare denominato Total Face Approach (TFA). L’obiettivo del TFA è quello di fina- lizzare ogni caso di riabilitazione implantoprotesica con maggiori dettagli in termini di funzionalità, estetica e compliance del paziente. In questo approccio multidisci- plinare, l’analisi cefalometrica in 3D permette di acqui- sire immagini tridimensionali delle basi scheletriche e dei tessuti molli da cui, con l’ausilio di un software dedicato come SimPlant® OMS, è possibile estrapolare parametri cefalometrici ed estetici fondamentali. In occasione del convegno, abbiamo approfondito le tematiche della chirurgia guidata e del Total Face Approach direttamente con i due relatori. Dottoressa Perrotti, vedere in un evento dedicato all’im- plantologia salire sul podio dei relatori un ortodontista sembra una cosa un po’ ano- mala… Può sembrarlo a prima vista, ma in realtà non lo è. Da molto tempo in odontoiatria si parla di multidisciplinarietà, ma spesso si rischia di perdere la connota- zione multidisciplinare sia nella fase progettuale e diagnostica sia nella fase terapeutica. Il caso clinico viene quindi trattato dai diversi specialisti di competenza, ma senza una vera visione d’in- sieme. Il protocollo che proponiamo con il Total Face Approach è invece diverso, già a partire dalla fase diagnostica che deve avvalersi dei principi tipi dell’ortodonzia e della chirurgia ortognatica, applicandoli poi all’implanto- logia. Vi sono alcuni parametri fondamentali – Articolazioni Temporo Mandibolari, sistema neuromuscolare, tessuti molli, occlusione e rapporti interarcata, posizione spaziale delle struttu- re scheletriche – che dovrebbero essere analizzati di routine in prima visita in tutti i pazien- ti. Dopodiché, se si intercettano delle problematiche particolari, queste saranno ulteriormente indagate e affrontate prima di passare alla fase del trattamen- to implantare. È molto meglio intercettare queste problematiche al tempo zero, piuttosto che nella fase operatoria. Io vengo da un’esperienza esclusi- vamente ortodontica, ma ho sem- pre lavorato in collaborazione con la chirurgia maxillofacciale e con l’implantologia, sperimen- tando quindi quotidianamente l’importanza di una comunica- zione reale e profonda tra le tre figure specialistiche. Dal punto di vista del pazien- te, la collaborazione di più specialisti porta certamente a un aggravio in termini di tempi e costi del trattamento. Come motivate, quindi, al paziente la scelta di questo approccio? Pensochenessunpazienteritenga tempo sprecato quello dedicato a un maggior approfondimento del suo caso, e spesso maggiori detta- gli si conoscono, migliori sono il risultato finale e la soddisfazione per il paziente e per l’operatore. Qual è il ruolo delle nuove tecnologie in tutto questo? Il 3D è il futuro della diagno- stica. A mio parere, in futuro scomparirà l’utilizzo del Telera- diografo e dell’Ortopanorami- co. Prescriveremo esami Cone Beam, le attrezzature saranno sempre più sofisticate, il carico di dose radiogena sarà con buona probabilità ridotto ulteriormen- te a parità di precisione della risoluzione e ci saranno sistemi cefalometrici e antropometrici più dettagliati e precisi con cui confrontarsi. Grazie a software dedicati, gli implantologi sono già abituati a lavorare in 3D. Ora, il passag- gio dal 2D al 3D interessa anche l’indagine cefalometrica. Attual- mente, in caso di grandi riabili- tazioni implantari, richiediamo sempre una scansio- ne di tutto il cranio. È chiaro che se l’implantologo ha bisogno di inserire due impianti nei settori lateroposteriori del mascellare, e clinicamente non appaiono pro- blematiche articolari, scheletri- che o estetiche, si richiede una scansione specifica di quel qua- drante. Ogni volta, però, che è necessario un livello di indagine superiore, richiediamo la scan- sione dell’intero massiccio. Que- sto, per esempio, è fondamentale nei casi di edentulia, in cui vi è spesso un cambiamento struttu- rale della base scheletrica e della posizione delle ossa nello spazio, con necessità quindi di una valu- tazione primaria completa. I software per l’indagine cefalometrica in 3D richiede delle competenze ortodonti- che precise? I software possono essere utiliz- zati anche da non ortodontisti. La curva di apprendimento è molto semplice e passa attraverso la conoscenza dell’anatomia del cranio e dell’anatomia radiologi- ca per conoscere i punti cefalome- trici. La diagnosi scheletrica, con questo tipo di software, è intu- itiva e immediata: l’immagine volumetrica ha un impatto visi- vo molto chiaro e fornisce dati oggettivi. Una cosa, però, è fondamentale: una forma mentale aperta a que- sto nuovo tipo di approccio. È per questo motivo che vogliamo inse- gnare ai giovani che si rivolgono all’implantologia ad avere una visione globale del paziente, sen- za trascurare alcun passaggio. In questo modo, potranno migliora- re nella loro curva di apprendi- mento e operare in modo da avere sempre più risultati predicibili. Cristina M. Rodighiero Luca Casalena di Materialise Dental. Marco Rinaldi. Giovanna Perrotti.