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Dental Tribune Italian Edition 01/11

12 Italian EditionAnno VII n. 1 - Gennaio 2011 Tecnoscienza Protesi vs Implantologia Il confronto è in corso La proporzione di soggetti che soffre di edentulismo è ancora molto alta e le percentuali non sono destinate a diminuire, dal momento che la popolazione mondiale va incontro a un pro- gressivo invecchiamento. La ricerca di soluzioni a tale pro- blema resta, dunque, uno dei principali target dell’odontoia- tria moderna. Per-Ingvar Bra- nemark aveva avuto già modo di apprezzare la portata di tale fenomeno, proponendo l’applica- zione dell’implantologia osteoin- tegrata a supporto della protesi mobile totale nella riabilitazione dell’edentulismo. Nell’esercizio dell’attività di medico condotto, aveva infatti incontrato molti soggetti eden- tuli, alcuni dei quali già riabi- litati con protesi mobile totale, ma insoddisfatti. Si era pertanto reso conto della necessità di for- nire un trattamento protesico migliore a tali pazienti, inte- ressandosi in particolar modo alla riabilitazione mandibolare. L’idea originaria era di creare un'implantologia sociale, che potesse diffondersi nella pratica clinica e determinare un decisi- vo miglioramento nella qualità della vita dei pazienti. Tuttavia, le sue aspettative non hanno tro- vato adeguata corrispondenza nell’applicazione che gli impian- ti hanno avuto in seguito, tant’è che ad oggi, solo l’1% dei pazien- ti edentuli nel mondo ha ricevu- to un trattamento implantare, e ben il 30% ha rifiutato tale trat- tamento, sebbene offerto gratui- tamente. Il fallimento della soluzione da lui auspicata non si limita solo all’impossibilità, per vari motivi, di riabilitare protesica- mente i pazienti edentuli avva- lendosi dell’implantologia. Nella sua lettera a George Zarb, edito- re de The International Journal of Prosthodontics, Branemark ripercorre la sua storia e quella dell’implantologia, evidenzian- do come l’interesse e il profitto abbiano fatto perdere di vista la necessità di proseguire con la ricerca, unico mezzo per mettere apuntoprecisiprotocollicheevi- tino ai pazienti quei rischi deri- vabili da una pratica clinica non supportata da evidenze scienti- fiche. Il professore cita a questo proposito la tragedia occorsa negli Usa riguardante numero- se protesi d’anca: la contamina- zione da oli di produzione esitò in migliaia di fallimenti, con gravissimi danni conseguenti, a partire dalla necessità di riope- rare i pazienti interessati. La risonanza mediatica di epi- sodi di questa portata, che rag- giunse anche il mondo politico, esortò la comunità scientifica a introdurre severe regolamenta- zioni, nonché a istituire osser- vatori di controllo. Se in campo ortopedicotuttoquestoèavvenu- to, così ancora non è per quanto riguarda gli impianti in odon- toiatria, dove mancano ancora oggi protocolli e osservatori, anche politici e mediatici e dove il paziente non ha il legittimo coinvolgimento nelle decisioni che riguardano la propria riabi- litazione. L’edentulismo rappresenta, infatti, una mutilazione vera e propria, con le gravi riper- cussioni funzionali, estetiche e psicologiche che ne derivano. È pertanto doveroso prestare il giusto rispetto a questi pazienti, tutelandoli dal rischio di diven- tare dei semplici consumatori di prodotti e, soprattutto, garan- tendo loro trattamenti scevri da rischi. Secondo Branemark è necessaria dunque una “nuo- va Toronto”, ovvero un nuovo inizio. Come la conferenza del 1982 decretò l’ingresso dell’oste- ointegrazione nell’odontoiatria clinica, così oggi è necessario un esame critico del punto a cui questa è giunta, dei suoi risultati e fallimenti, ripulendo “le stalle dell’implantologia”, per porre le basi di un approccio complessivo più corretto. Le direzioni che Branemark invita a seguire per il futuro sono precise: proseguire nel lavo- ro di ricerca, conducendo studi multicentrici e a lungo termine, così da formulare dei protocol- li precisi, oltre che rivolti alla semplificazione e al migliora- mento delle procedure cliniche; istituire parallelamente centri di osservazione che protegga- no il paziente e impediscano l’esercizio di un’implantologia disordinata e priva di regole; costituire un team di specialisti, il cui ruolo sarà determinante nella continua evoluzione cui andrà incontro l’osteointegra- zione; infine, limitare la conta- minazione commerciale, spesso deleteria in medicina, facendo del paziente una figura attiva e partecipe e non un semplice consumatore passivo. Gianfranco Gassino L’impallinato con sei impianti osteointegrati e… un pallino nel volto. Una storia a lieto fine Piercing? Orecchini non rimossi prima della radiografia? Difetto radiologico? Niente di tutto questo, ma semplici… pallini da caccia. Un caso insolito, ma non raro, segnalato da un nostro collaboratore, che può dare problemi in sede di chirurgia implantare. Fine anni ’70, boscoso canalo- ne appenninico, battuta di cac- cia all’alba. Si alza il fagiano: pum, pum. L’automatico spara due colpi. Mancato, buon per lui. Il volatile si alza ancor di più, impennandosi. Altri due pum pum e un grido. Mancato anco- ra una volta il volatile, ma cen- trato purtroppo il compagno di caccia che stava dall’altra parte del canalone. Quaranta pallini in corpo, faccia, braccio e fianco sinistro. Due hanno sfiorato l’oc- chio. Non ricorda altro il signor B., di anni 50, che, allora nean- che ventenne, essendo rimasto vittima dell’ennesimo incidente di caccia, ha iniziato il calva- rio degli ospedali, per cercare di rimuovere quel mezz’etto di piombo caldo che suo malgrado portava dentro di sé. Quelli più pericolosi per gli organi vitali gli furono estratti e anche quelli superficiali, ma una ventina se li porta ancora dentro, anche in volto. A suo dire, non danno affatto problemi. Ma le cose, si sa, con il tempo cambiano e un paio di quei pallini sono proprio lì, sulla traiettoria degli impian- ti di titanio, da inserire per la riabilitazione masticatoria di due selle posteriori libere. Dopo l’analisi della TAC si decide infine di rimuoverne solo uno, a livello crestale del 38. L’altro, sembra a livello della corticale vestibolare del 37, non dovrebbe interferire. Così infatti è, l’in- tervento non dà problemi. Ora, sei impianti di titanio attendono l’osteointegrazione accanto a un pallino di piombo “fibrointegra- to”. Storia a lieto fine. Di fatto sono fortemente diminuiti, ma l’anno passato in Italia vi sono stati ancora migliaia di incidenti di caccia, di cui almeno 30 mor- tali. Come quello accaduto nel- la riserva di caccia di famiglia a Giuseppe Orlando, il 42enne nipote di Gaddo Della Gherar- desca, della dinastia imprendi- toriale che ha fondato il gruppo metallurgico KME, leader nel settore rame. Un destino tragico forse ispirato da Vulcano, divi- nità del fuoco e dei metalli. Stefano Rimondini Figg. 1, 2 - Pallino estratto, deformato dall’impatto. Fig. 2 Fig. 1 Fig. 3 - Rx prima. Fig. 4 - TAC mandibola con pallini, prima. Fig. 5 - Rx dopo.