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Implant Tribune Italian Edition

Italian EditionAnno V n. 2 - Maggio 2011 SPECIALE REGENERATION Staminali: vi presentiamo le “cellule della speranza” È da tempo ormai che sentia- mo parlare di cellule stamina- li e del loro impiego attuale e futuro. Ma nel dettaglio, che cosa sono queste piccole fonti di vita? Da dove arrivano? Come possiamo utilizzarle al meglio per affron- tare i molteplici stati patologici, anche quelli ritenuti incurabili? Entriamo in questo mondo da scoprire con pazienza e provia- mo a chiarirci le idee. La cellula staminale è una cellula che conserva le stesse caratteristiche di quelle dell’em- brione. Non conosciamo la sua origi- ne, in alcuni casi non sappiamo se sono presenti nell’organo in cui risiedono sin dal principio del loro sviluppo o se arrivano solo successivamente. La loro esistenza è stata provata nel 1950 da Charles Leblond e dai suoi ricercatori, con tecniche di autoradiografia, in particola- re alla base dei villi intestinali capaci di dividersi, autorinno- varsi e differenziarsi. Solo successivamente, nel 1984, Fishel ottenne le prime staminali embrionali umane. Ma quali sono le possibili applicazioni future per le cellu- le staminali? Alcune vengono già da tempo utilizzate con successo: è il caso delle cellule progenitori emato- poietiche usate per i trapianti di midollo nelle leucemie acute e croniche, nelle immunodefi- cienze, nelle aplasie midollari, nelle emoglobinopatie e come supporto dai danni causati da radioterapia e chemioterapia al tessuto ematopoietico. E se molteplici sono i van- taggi del recupero di staminali ematopoietiche dal sangue cor- donale, rispetto al recupero dal midollo osseo, come mai spesso il ginecologo non informa la paziente in stato di gravidanza dell’immenso patrimonio gene- tico in esso contenuto? Sono stati molteplici i casi in cui i fratellini minori hanno generosamente salvato la vita ai maggiori o agli stessi genitori, con le proprie cellule cordonali. La cellula staminale, detta anche “cellula della speranza”, è la rappresentazione organica dell’infinito potenziale umano, premurosamente contenuto dal cordone ombelicale che ne con- serva un numero sostanziale, la risposta concreta al pensiero filosofico più dignitoso e rispet- toso riguardo l’assoluto potere di autoguarigione insito nella vita di ogni individuo. “Guardarla al microscopio apre il cuore, riempiendolo di gioia”, osserva una famosa ricer- catrice italiana, uno dei nostri preziosi cervelli trasferitasi in Olanda per poter esercitare la professione. La ricerca, infatti, avanza con speranza e impegno, ma non con sufficiente parteci- pazione da parte dello Stato e delle industrie farmaceutiche. Sono soli, infatti, i laboriosi ricercatori che con convinzio- ne avanzano contro l’epoca del tutto e subito, mentre ricerca è pazienza e prospettiva futura. La scienza è orientata con energia in questa direzione, pro- prio come se finalmente fosse giunto il momento di compren- dere che non necessitiamo di molecole estranee, ma di usare al meglio tutto il contenuto ine- rente la nostra vita. Essa, infatti, è una cellula immatura, non ha sviluppa- to i caratteri dell’organo in cui si trova, mantiene una gran- de capacità proliferativa, si autorinnova, è dotata di lunga sopravvivenza, si differenzia solo quando è necessario in un ampio spettro di elementi. È, pertanto, dotata di totipotenza, è capace di generare cellule a potenzialità differenziativa pro- gressivamente ridotta, passando dalla multipotenza alla unipo- tenza della cellula terminale, cioè alla cellula specializzata, e sarà solo allora che perderà il suo potere totipotente. Proprio in relazione a questi potenziali differenziativi esisto- no diversi tipi di staminali: - pluripotenti, in grado di generare tutti i tipi cellula- ri; - multipotenti che, man- tenendo sempre la stessa capacità, fanno parte di uno stesso tessuto o organo; - progenitori che, invece, sono quelle staminali la cui pro- genie terminale è rappre- sentata da un singolo tipo cellulare specializzato. Un esempio può essere fat- to con le staminali progenitori epidermiche che si differenzia- no solo in cheratinociti. Le più studiate, al momento, sono le pluripotenti, isolate da embrio- ni, dalle quali i ricercatori spe- rano di ottenere linee cellulari da poter usare in ambito della medicina rigenerativa; purtrop- po, nel nostro Paese, sono anche causa di interminabili conflitti di natura etica, fino a vietar- ne l’uso. Le possiamo trovare in diverse sedi dell’organismo, ma in base alle ultime promet- tenti scoperte si confida sulla transdifferenziazione delle sta- minali adulte, cioè sulla loro capacità di trasformarsi in cel- lule di tessuti diversi; possono infatti essere indotte ad attivare un programma di sviluppo, nor- malmente latente, acquisendo caratteristiche funzionali diver- se da quelle programmate. Sono e saranno molteplici le applicazioni: dall’ultima scoper- ta per le retinopatie, alla sosti- tuzione del classico trapianto d’organo, possibile rigenerazio- ne ossea in campo odontoiatrico, ortopedico e maxillo-facciale. Alzheimer, Parkinson, Diabete, distrofia muscolare, riparazione del miocardio danneggiato in soggetti infartuati. Attraverso interventi di inge- gneria genetica sarà poi possi- bile utilizzarle come vettori di geni sani per contrastare pato- logie geniche o per veicolare geni nelle terapie antitumora- li, o come proiettili molecolari contro le cellule cancerose. Si potranno addirittura stu- diare le sostanze legate all’at- tivazione di geni coinvolti nella maturazione cellulare e al percorso inverso nelle cellule tumorali. La riprogrammazione genetica delle cellule mature in staminali o anticorpi capaci di bloccare l’espressioni di que- sti geni creando la cosiddetta “Apoptosi”. Ma queste sono solo alcune delle possibilità che ci offre il nostro inesauribile “Laborato- rio Biologico”. Barbara Impagliazzo, Biologa b.impagliazzo@libero.it Ruolo delle Aziende private nell’utilizzo di emocomponenti La possibilità offerta agli odontoiatri di utilizzare presso il proprio ambulatorio emocom- ponenti, tramite una convenzio- ne con i Servizi Trasfusionali competenti per territorio, è uno degli aspetti giuridici più inte- ressanti degli ultimi anni, nell’ambito dalla vexata questio sull’uso di biomateriali e/o di materiali biotecnologicamente avanzati da parte dei dentisti italiani. La vera rivoluzione coperni- cana non è avvenuta, tuttavia, solo per il dentista, ma anche, e soprattutto, per le Aziende del settore, ovvero per le fornitrici delle centrifughe e dei materiali monouso per prelievo e/o utiliz- zo degli emocomponenti. Prima delle Delibere regio- nali che hanno dato attuazione al sistema convenzionale (per lo menonelNordItalia),taliAzien- de erano sempre in regola in quanto vendevano al dentista un dispositivo medico con regolare marchio CE: era dunque l’odon- toiatra ad utilizzare il dispositi- vo per scopi “trasfusionali”, con tutte le conseguenze del caso. La nuova procedura assegna ora alle Aziende un ruolo diverso e più qualificato. Ovvero certifi- care l’avvenuto apprendimento, da parte del dentista, dell’utiliz- zo del dispositivo (centrifughe e monouso). Cosa cambia? Innanzitut- to cade il teorema della sem- plice “vendita di dispositivi”: ora l’Azienda deve svolgere un’attività contrattuale mista, ovverosia caratterizzata dallo svolgimento anche di un ser- vizio per il professionista odon- toiatra. Certamente non spetta ad essa spiegare all’odontoiatra “come” deve fare e soprattut- to “cosa” fare (convenzionarsi) per essere in regola con la nor- mativa trasfusionale. Ma è pur vero che l’Azienda non potrà né sottacere la necessità di conven- zione con il Servizio Trasfusio- nale (SIMT) né vendere i kit rassicurando il dentista sul fatto che “la particolare procedura di lavorazione non necessita di alcun controllo o relazione con il Servizio Trasfusionale”. Questa tecnica di vendita diventa, alla luce delle novi- tà normative, estremamente rischiosa. Vediamone il motivo. Sappiamo che la manipolazio- ne anche di una sola goccia di sangue per fini trasfusionali è un reato se svolta al di fuori del SIMT. Sul punto, l’art. 24 del D.lgs. 261/2007 non lascia dubbi disponendotestualmente:“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque preleva, procu- ra, raccoglie, conserva, lavora, distribuisce o assegna sangue o emocomponenti, al di fuori delle strutture di cui all’artico- lo 2, comma 1, lettere e) ed f) o senza le prescritte autorizzazio- ni… è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 206 ad euro 10.329. Se il colpevole è persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione dall'esercizio della professione per un uguale periodo”. Alcune considerazioni sulla norma. 1.La convenzione con il SIMT costituisce evidentemente atto autorizzatorio impre- scindibile e non sostituibile da un mero silenzio-assenso; 2.trattasi di reato-delitto e non di reato-contravvenzio- ne: maggiore dunque la gra- vità della sanzione penale; 3.il dentista rischia l’inter- dizione dall’esercizio della professione; 4.l’Azienda che lo spinge all’utilizzo del macchinario senza il rispetto delle regole potrebbe in qualche modo, ove la circostanza potesse essere provata, rischiare a sua volta sanzioni penali. Ne vale la pena? Pensiamo di no: né per il dentista né per le Aziende che, a mio avviso, dovranno conformare le loro strategie commerciali alla mutata sky-line giuridica. Altro problema, non da poco. È necessario che egli richie- da all’Azienda espressamente le certificazioni delle provette e verifichi che le stesse siano vali- date per l’uso clinico sull’uomo. In commercio esistono infatti, a costi decisamente inferiori alla media, provette dotate di mar- chio CE ma certificate a sem- plici fini diagnostici (certificate IVD In Vitro Diagnostic, come desumibile dall’etichetta). Meno costose delle altre ma inutilizza- bili a fini terapeutici, tali pro- vette espongono l’odontoiatra che le usa in ambito clinico a pesanti responsabilità in quan- to non possono evidentemente essere utilizzate per terapie sul paziente. Il dentista dovrebbe sempre richiedere sempre la relativa certificazione dei disposables, soprattutto in presenza di costi particolarmente bassi rispet- to a quelli di mercato (il costo inferiore alla media può esse- re, in questi casi, un indicatore sospetto). Se l’Azienda propone al dentista un corso per il prelie- vo ematico, sicuramente svolge un servizio utile per il professio- nista sanitario, ma non lo esime dalla necessità di convenzionar- si con il SIMT. È mia precisa opinione che qualunque rassi- curazione da parte dell’Azienda in senso contrario costituisca un’aperta mistificazione della normativa attualmente vigente in Italia in materia di utilizzo a remoto di emocomponenti da parte dell’Odontoiatra. Il pro- blema della manipolazione del sangue infatti è ben diverso rispetto alla questione se (e in che termini) il dentista sia legit- timato al prelievo di sangue sul paziente. In definitiva, il mutamento delle regole giuridiche dovrà necessariamente comportare una modifica delle strategie di marketing delle Aziende non- ché del loro modo di interfac- ciarsi con i dentisti su questioni ormai divenute particolarmente delicate. Stefano Fiorentino www.studiolegalefiorentino.it